SMART WORKING UN ANNO DOPO - BILANCIO E NUOVI SCENARI

28 April

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Ad un anno dall’inizio dalla pandemia, le aziende fanno un bilancio dei mesi trascorsi in una condizione di smart working forzato in modo da trarre dall’esperienza di questi mesi importanti indicazioni per il loro futuro.
Dai dati dell’osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano, emerge che il 96% dei lavoratori preferirebbe una modalità di lavoro che prevede una media di 3 giorni a settimana di lavoro agile.
Si stima che anche dopo la pandemia i dipendenti del settore privato lavoreranno in smart working mediamente 2,7 giorni a settimana, dato che scende al 1,4 giorni a settimana per i dipendenti della pubblica amministrazione.
I dati suggeriscono inoltre che in futuro si adotterà una modalità di lavoro mista e pertanto le aziende si stanno organizzando alternando lavoro da remoto a quello in presenza, con una modalità di lavoro più fluida che permetta di non disperdere l’interazione tra lavoratori, che porterebbe ad un’inevitabile spersonalizzazione del rapporto di lavoro e ad una conseguente perdita del senso di appartenenza all’azienda.
Si stima infatti che anche dopo la pandemia coloro che lavoreranno da remoto saranno complessivamente 5,35 milioni di persone (1,72 milioni nelle grandi imprese, 920 mila nelle Pmi, 1,23 nelle microimprese e 1,48 milioni nella Pa).
Le grandi organizzazioni siglano accordi aziendali per adeguarsi alle nuove modalità di lavoro e segnano inevitabilmente un importante cambio culturale, passando dalla cultura del controllo dell’orario a quella dei risultati. Inoltre, se pur in mancanza di dati definitivi, la sensazione che sta emergendo è che la produttività individuale in Italia e nel mondo, non stia calando lavorando da remoto anzi in molti casi sia addirittura aumentata, almeno per quanto riguarda il settore privato.
Bayer firma un accordo per gli impiegati che elimina la timbratura del cartellino, introducendo un approccio basato sulla fiducia e sulla responsabilizzazione; la fase di sperimentazione del progetto pilota durerà fino al 31 dicembre di questo anno, per valutare eventuali criticità e mettere a punto i dovuti aggiustamenti.
Sanofi trasferisce fisicamente l’ufficio del dipendente e le loro dotazioni a casa del lavoratore che opera da remoto dove, quando e come vuole, secondo gli accordi definiti con l’organizzazione.
Ormai è evidente che i nuovi accordi contrattuali debbano prevedere che la componente del lavoro agile diventi parte integrante del contratto, in misura e modalità adeguata, ma sicuramente flessibile.
L’obiettivo di queste iniziative è adeguarsi al un nuovo modo di lavorare, garantendo una prestazione di livello equipollente a quella svolta in sede, ma il cambio strutturale di questo nuovo modello lavorativo deriva dall’inserimento di alcune parole chiave: fiducia, autonomia e flessibilità.
Questa nuova modalità impone alle aziende di ripensare al proprio modello organizzativo attraverso l’introduzione di un nuovo paradigma che vede al centro la riorganizzazione del lavoro e la misurabilità dei risultati. Questi fattori si traducono inevitabilmente in una rivalutazione dei processi lavorativi e nell’introduzione di nuovi indicatori per determinare la produttività, la qualità e l’efficienza.
Con la spinta derivata dalla pandemia e dopo l’esperienza dell’ultimo anno, si ridisegna un nuovo modo di lavorare che vede al centro le persone, che si basa sulla fiducia e sulla responsabilità individuale ma anche sulla riorganizzazione del lavoro e sulla cultura dei risultati.
Dopo dodici mesi di smart working, si configura una realtà completamente diversa da quella a cui eravamo abituati e da cui eravamo partiti. Dal 1° aprile infatti è iniziata quella che viene indicata con il termine “New Normal”, ovvero la nuova normalità che creerà nuove abitudini e che modificherà non solo il mondo lavorativo ma tutti gli aspetti della nostra vita, e con la quale ci dovremo confrontare per adeguarci al nuovo lifestyle imposto dal Covid.

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