Secondo i dati dell’Osservatorio 2028 di Willis Towers Waston, che ha esaminato i salari dei dipendenti di
un campione di 508 imprese virtuose, i salari in Italia frenano, gli aumenti retributivi si assottigliano e il
potere d’acquisto si erode. Willis Towers Waston (Wtw) è la multinazionale di consulenza e brokeraggio che fa da riferimento per l’industria europea e che determina, di fatto, lo stipendio dei top manager. Si credeva che le retribuzioni fossero ripartite ma i dati dimostrano che c’è un ritorno alla cautela. Le analisi condotte da Wtw sono state fatte su un campione di 508 aziende medio-grandi con una media di 493 dipendenti e 220 milioni di fatturato.
Secondo le analisi, l’anno prossimo gli stipendi dei dipendenti saliranno strutturalmente dell’1,5% al netto dell’inflazione (cioè in termini reali, considerando il potere di acquisto) mentre si attendeva una crescita dell’1,6%. Lo scorso anno l’incremento reale è stato dell’1% e nel 2016 del 2,7%.
Se consideriamo che nel periodo 2013 – 2015 la crescita reale era stata del 3% la contrattura è evidente.
Quello che incide, chiaramente, è l’inflazione, cioè l’aumento dei prezzi. Secondo i dati, il potere d’acquisto dei dipendenti era più alto nel 2016 con l’inflazione negativa a -0,2% e l’anno prossimo sarà più basso dato che l’inflazione attesa è all’1%.
In altre parole, i salari non si adeguano all’inflazione, anche se questa è molto bassa. Il fenomeno si chiama
“deflazione salariale”.
Chiaramente c’è settore e settore, gli stipendi aumentano di più nell’oil & gas (+1,7% l’incremento reale
quest’anno), nei servizi finanziari gli aumenti attesi per il 2019 sono del +1,2% (quest’anno era +1,4% dal
1,3% del 2017). Saliscendi registrato anche nel manufatturiero che registra un +1,7 degli stipendi
quest’anno ma che secondo i dati prevede una diminuzione al +1,4% per il 2019. Il retail registra invece un
+1,9%, a sorpresa in vetta alla classifica.
Solo un’azienda su quattro di quelle analizzate ha messo a budget per l’anno prossimo un incremento del 2% reale delle retribuzioni quando, invece, nel 2013-2015 il dato medio era del 3% netto e del 5% lordo.
Anche nel Vicentino si registra un calo negli stipendi passando a 29.874 euro (dato medio) rispetto ai 30.135 dell’anno scorso. Contrazione che ha portato la provincia Berica dal dodicesimo al diciannovesimo posto perdendo sette posizioni a livello nazionale.