Attorno alla fabbrica dei robot ci sono i bar della movida di Torino. Il suono del tornio si mischia al tramestio di piatti e bicchieri in preparazione per la notte dei locali. In un palazzo della centralissima piazza Vittorio ingegneri e informatici della Makr Shakr sono all’opera per assemblare Tipsy, il robot- barista che ha contribuito a scatenare le proteste di 50 mila persone, baristi in carne e ossa, ma anche cuochi e camerieri, delle 34 case da gioco di Las Vegas.
Eccolo, il robot italiano che agita i dipendenti dei casinò Usa: un braccio meccanico automatizzato che pesta il ghiaccio, strappa la menta e shakera i cocktail con precisione millimetrica, senza sprecare una goccia e senza concedersi un attimo di riposo e nemmeno una battuta con il cliente. Il modello in costruzione sul bancone torinese appartiene alla nuova generazione di barman robot che arriverà sul mercato a fine 2018: l’obiettivo è produrne una settantina l’anno e farli pagare 99 mila euro più 99 cent per ogni cocktail che serviranno. Un decimo del suo collega più anziano e più costoso che ha preso casa - tra l’altro - anche a Las Vegas. "Di Tipsy in giro per il mondo ce ne sono meno di una decina, ciascuno è costato circa un milione di euro, mentre il nuovo prototipo sarà immesso sul mercato a meno di 100 mila", racconta Emanuele Rossetti, amministratore delegato dell’azienda. Il suo socio è Carlo Ratti, il geniale architetto che da anni è responsabile di uno dei dipartimenti del Mit.
Proprio Ratti ha progettato il primo barista robot: "L’idea è nata da una richiesta di Google, che lo ha voluto per uno dei grandi eventi annuali che organizza negli Stati Uniti". Due anni fa quando l’azienda è nata aveva 3 dipendenti, mentre ora Makr Shakr dà lavoro a una ventina di persone. "Ma non ci occupiamo solo del robot barista – dice l’ad – Abbiamo appena lanciato una stampante da muro che in un’ora ha avuto oltre 100 ordini. I nostri clienti sono quasi tutti statunitensi, ma si può fare innovazione e produrre robot anche in centro a Torino".
I primi a volere il barista dal braccio d’acciaio sono stati i vertici della Royal Caribbean che ne hanno installati alcuni sulle navi da crociera; poi è arrivato Rino Armeni che li ha portati nei suoi bar di Las Vegas. Qui però, durante la trattativa per il rinnovo del contratto di lavoro, è scoppiato il caos. I 50 mila lavoratori del settore chiedevano stipendi più alti e garanzie contro la sostituzione dei dipendenti in carne e ossa con nuove macchine, Tipsy compresa. "La questione c’è e il problema dei robot che cancelleranno delle figure professionali esiste – ammette l’ad di Makr Shakr – Oggi però su scala globale il nostro robot non esiste dal punto di vista dei numeri. In tutto il mondo ce ne sono 7 quindi la questione dello sciopero va oltre Tipsy. Serve un approccio sociale, che però non può essere gestito da noi".
Rossetti apre così a una tassa sui robot: "La fase di transizione sarà il problema perché bisognerà star vicino a chi perde il lavoro. Finanziare un reddito garantito con una tassa può essere una strada".
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