Con Industria 4.0 il mondo del lavoro si troverà ad affrontare nuove e importanti sfide. Due sono i fattori essenziali per approcciarsi: competenza e flessibilità. E due i principali attori del cambiamento: i “giovani” e gli “anziani”. I primi portatori delle conoscenze e dell’entusiasmo necessari a sostenere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione tecnologica; i secondi veicolo necessario per dare concretezza al nuovo modo di lavorare. Fondamentale sarà anche il ruolo delle risorse umane all’interno delle aziende nello sviluppo delle soft skills. In poche parole, spazio al Diversity Management!
Uno degli strumenti organizzativi che sta iniziando ad affermarsi in vista delle sfide che il mondo del lavoro dovrà affrontare con la rivoluzione di Industry 4.0 è rappresentato da una “disciplina manageriale” che esiste già dagli anni ’90. Si tratta del Diversity Management.
La necessità di potenziare i fattori oggi divenuti determinanti per mantenere ed accrescere competitività e produttività in un mondo in cui il funzionamento del mercato del lavoro risulta essere legato anche alla salvaguardia, in chiave strategica, del capitale intellettuale, richiede ormai un approccio integrato a tutta la materia del lavoro. Il che implica necessariamente guardare alle norme senza trascurare le loro implicazioni in termini di organizzazione del lavoro (e relative discipline di management).
E’ un approccio che potrebbe apparire nuovo per il giuslavorista, anche se, con riguardo specifico al Diversity Management, esistono specifici ambiti del diritto del lavoro in cui tale disciplina ha trovato da sempre una sua precisa collocazione pratica. Si pensi al lavoro dei disabili e al campo di applicazione della disciplina in materia di parità e pari opportunità. Per non parlare degli ambiti più direttamente collegati con il massiccio ingresso al lavoro di lavoratori stranieri avvenuto negli ultimi anni, che ha accresciuto le necessità di gestione delle diversità culturali all’interno degli ambienti di lavoro.
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