I GRANDI GRUPPI SCOPRONO LA RICCHEZZAPORTATAIN AZIENDA DALL’ASSUNZIONE DI STRANIERI “SI RICEVONO COMPETENZE IGNORATE, CONTAMINAZIONE LINGUISTICA, LA CULTURA DEL CAMBIO DI SEDE”, SPIEGA EDOARDO VENTURINI (SODEXO)
Stefania Aoi
Milano M cDonald Deutschland ha impiegato nei suoi fast food più di 900 rifugiati, offrendo loro, tra il 2015 e 2016, corsi di tedesco online gratuiti. Il 30 per cento circa della forza lavoro dell’azienda americana Chobani, produttrice di Yogurt greco, è composta da stranieri di varie parti del mondo. E anche diverse multinazionali, come il gruppo Bosch, produttore di componenti per auto, il colosso dell’elettronica Siemens, quello dell’abbigliamento Uniqlo, hanno preso come stagisti pagati uomini e donne in fuga da guerre o comunque in cerca di asilo in un altro paese. Le grandi aziende guardano sempre più spesso ai migranti come a un’opportunità. E alla multietnicità degli ambienti di lavoro come a una ricchezza che aiuta ad aumentare la produttività. Una tendenza rilevata già durante l’ultimo World Economics Forum. Ed emersa anche nel Global Workplace Trends report 2017, appena pubblicato da Sodexo, gruppo francese specializzato in servizi alle imprese. Quest’ultimo documento indica le maggiori tendenze in atto nel mondo del lavoro a livello globale e indica le opportunità di cui le società potrebbero approfittare. «La multietnicità può portare grandi vantaggi a un’azienda», assicura Edoardo Venturini, direttore delle relazioni esterne di Sodexo. Il manager racconta come gli stranieri possano essere, per esempio, un enorme bacino di competenze, a volte anche di difficile reperimento, da cui attingere. Non a caso, la fortuna
della Silicon Valley è in parte dovuta agli ingegneri indiani. Nel 2014 si stimava fossero circa un terzo di quelli assunti nei colossi come Google o Facebook. «A volte si tratta di competenze che addirittura ignoriamo», prosegue Venturini. Sodexo ha per esempio avuto per due anni un dipendente egiziano che lavorava in una delle cucine a Piotello, a pochi chilometri da Milano, dove la società gestisce una mensa, con tre lauree in tasca. «Una delle quali — afferma il manager — ci sarebbe stata molto utile perché era in risparmio energetico. Ma questo lo abbiamo scoperto solo quando ha deciso di andarsene». Quando gli è stato chiesto perché non avesse detto prima dei suoi titoli di studio, «ha spiegato di aver avuto paura di essere troppo qualificato per un impiego in cucina». Ma le ragioni per assumere uno straniero sono diverse. Lavorare in squadra con persone di altra nazionalità può aiutare altri dipendenti a sviluppare migliori competenze linguistiche, a conoscere meglio una determinata cultura, ad affrontare gli spostamenti con maggiore disinvoltura. «I dipendenti spagnoli della multinazionale francese Sodexo, che lavorano nel Regno Unito, hanno per esempio potuto migliorare il loro inglese», spiegano dall’azienda. Questo, dopo essere stati messi a lavorare, ciascuno, in un team di colleghi madrelingua. Insomma, in un un’ottica di lungo termine tutto questo potrebbe addirittura aiutare un’impresa a sviluppare meglio il business su nuovi mercati. Il processo di integrazione sembra d’altronde inevitabile. Secondo stime delle Nazioni Unite il numero di migranti in tutto il mondo è arrivato a 244 milioni, pari al 3,3 per cento della popolazione mondiale. Gente che si muove per studio, alla ricerca di un lavoro, oppure per fuggire alle guerre e alla fame. E che, se a volte comportano disagi, portano anche benefici ai paesi che li ospitano. “Un recente studio pubblicato nel Regno Unito — scrive, sul sito del World Economics Forum, Khalid Koser, direttore esecutivo dell’organizzazione no-profit, Global Community Engagement and Resilience Fund (Gcerf) — ha messo in luce come tra il 2001 e il 2011, nell’Unione europea, i migranti abbiano portato nelle casse degli Stati un contributo netto pari a 25 miliardi di sterline, e pagato il 34 per cento in più di tasse rispetto ai benefici ottenuti». Le grandi aziende guardano sempre più spesso a i migranti come a un’opportunità
(06 marzo 2017) © RIPRODUZIONE RISERVATA