Welfare aziendale a centro campo.

Il welfare aziendale sta prendendo sempre più piede, diventando un fenomeno che guida il cambiamento. A rivelarlo sono i dati dell’Ocsel, l’Osservatorio sulla contrattazione di secondo livello della Cisl.
Nel 2016-17 il 27% dei contratti aziendali censiti si è occupato di welfare, mentre nel biennio precedente si era fermi al 18%. Si tratta di un cambiamento sociologico strutturale. Le leggi di stabilità 2016, 2017 e 2018 hanno favorito la diffusione di questo fenomeno, accordando a queste misure di welfare trattamenti fiscali favorevoli e collegando questi benefit ai premi aziendali, permettendo la conversione di questi in veri e propri servizi. Secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro per il 2018, i contratti di questo tipo sono aumentati del 61% rispetto all’anno precedente.
Il problema però sussiste: la metà degli accordi riguarda le imprese con meno di 50 dipendenti ed il rischio è che molti dipendenti restino esclusi da questi benefici, soprattutto in un’era dove il primo welfare, quello pubblico, è sempre più in difficoltà.

Non possiamo concentrarci solo nel far attivare le aziende, anche i lavoratori devono essere informati e consapevoli delle opportunità che il welfare aziendale permette. Infatti, Wila, Fondo di Welfare Integrativo Lombardo dell’Artigianato, nato tre anni fa da un accordo tra sindacati e organizzazioni imprenditoriali, ha aperto a questo scopo oltre 200 sportelli in tutta la regione.
L’azienda ha anche un ruolo sociale e una responsabilità verso il territorio, per questo il welfare aziendale deve coinvolgere tutte le forme di lavoro che collaborano con essa. Wecare, in Piemonte, sta cercando di ampliare i confini del welfare coinvolgendo non solo i dipendenti ma anche figure come i consulenti, i fornitori ed i collaboratori.
La normativa ancora non lo prevede, ma per il territorio e per lo stesso welfare aziendale sarebbe una grande vittoria.