Se anche a Wall Street le cose stanno cambiando, noi cosa stiamo aspettando?

14 January

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Come sempre, fine anno è tempo di bilanci, soprattutto personali. E, anche, di buoni propositi per il futuro…
Dopo qualche giorno di riposo, vogliamo fornirvi alcuni spunti di riflessione su temi che, molto probabilmente, avranno un forte impatto sulla vostra attività nei prossimi anni.
Di cambiamento si parla in ogni dove, ma le tematiche di cui vogliamo parlarvi sono due: partiamo con le riflessioni di Carmine Di Sibio, dal primo luglio global chairman e ceo di EY, una delle “big four” della consulenza globale, nato in Italia, classe 63.
In una interessante intervista ricorda quali saranno LE NUOVE PRIORITA’ nel fare business.
Al primo posto, secondo Di Sibio, ci sono i clienti. A loro deve essere rivolto il primo pensiero. In seconda posizione ci sono i dipendenti mentre al terzo posto c’è la comunità, ovvero il ruolo che l’azienda detiene nel territorio in cui opera, e infine, ci sono gli azionisti.
Per noi tutti sarà importante confrontarsi con la “nuova scala di valori” definita da Di Sibio perché pare proprio che le cose stiano cambiando.
Ma quale è la sequenza applicata nella realtà lavorativa in cui operate tutti i giorni? Veramente i dipendenti sono al secondo posto? E quanto lontani siete dal futuro indicato da Di Sibio?
Le nuove generazioni questa gerarchia l’hanno già fatta propria e, quando inviano i curricula, tendono ad escludere le aziende che non rispettano determinati parametri. Al contrario sono molto attente a temi come la sostenibilità ambientale, la responsabilità sociale d’impresa e a come questa opera nel tessuto sociale. Non ci rimane molto da fare, bisogna accogliere il cambiamento e iniziare a chiedersi come evolvere, come svilupparsi in questa direzione, perché se non lo si fa, al giorno d’oggi, non si sopravvive.
Come sempre si torna sul tema della capacità di adattamento e di cambiamento che spesso abbiamo trattato nelle nostre newsletter.
L’altro spunto di riflessione, ce lo fornisce un recente studio di Deloitte (un’altra delle “big four”) che ha evidenziato come la DIVERSITA’ DI PENSIERO sia una vera e propria fonte di creatività che contribuisce ad aumentare l’innovazione del 20%. L’analisi dimostra che se a questa diversità (cognitiva e demografica) combiniamo una strategia inclusiva, si raddoppiano le possibilità di raggiungere i target aziendali prefissati e, cosa da non sottovalutare, aumenta anche la dinamicità del business.
E, di nuovo, sono proprio gli azionisti delle grandi corporations americane che oggi chiedono rendicontazioni non finanziarie sulle attività di diversity inclusion, coscienti del fatto che queste sono la garanzia per una maggiore profittabilità. I manager svolgono un ruolo fondamentale. Il successo delle politiche di inclusione dipende da loro, soprattutto nei confronti delle minoranze.

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